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Le Interviste di Z: Federico Cacciatori e “La mia visione del mondo”

Federico Cacciatori è uno di quegli artisti che nel corso del tempo hanno saputo re-inventarsi, evolversi e attraversare le correnti – spesso, risalendole in direzione ostinata e contraria – per esplorare nuove vie espressive, per conquistare rinnovate consapevolezze: un percorso cominciato anni fa, che ha portato Cacciatori a confrontarsi con diverse sfide e a raccoglierne la somma dei risultati nel suo ultimo disco, “La mia visione del mondo”, pubblicato per ora solo su OnlyFans, ennesimo colpo di scena di un progetto che insegue la meraviglia e lo stupore necessario per non “annoiarsi mai”. 

Federico, bentornato sulle nostre colonne: non potevamo certo perderci l’occasione di scambiare due chiacchiere con te, sopratutto all’alba del tuo ritorno con un disco che di certo farà discutere per le modalità usate per distribuirlo. Allora, da dove partiresti per raccontare il tuo ultimo album?

Ciao carissimi, parto dicendo che il nuovo album, non è solo un album!

È un percorso di oltre un anno di vissuti emozionali che mi ribollivano dentro da molto tempo, per alcuni sono riuscito a trovare la maturità e la consapevolezza di farli uscire come singoli, altri invece avevano bisogno di un contesto che li legasse. “La mia visione del mondo” è un insieme di visioni e adoro chiamarlo album, perchè mi fa pensare al tutto come se fosse un album fotografico dove dentro ci sono tante singole storie che raccontano un’unica storia. Tutto è partito in una normalissima mattinata di una banale giornata che poi tanto banale non si è rivelata, in un momento di pacifica solitudine 

In riva al mare squilla il telefono, era mia mamma che mi dice:”Hanno dichiarato guerra!… Da li quel telefono da “arma” diventa un mezzo con il quale inizio a registrare il verso di alcuni gabbiani e inizia così “La mia visione del mondo”.

Colpisce certamente la tua scelta di distribuire la tua musica in modo diverso rispetto al passato, ovvero aggirando i canali di distribuzione tradizionali e sbarcando su una piattaforma di sharing forse mai utilizzata per la musica… ci racconti meglio il tutto?

Da grande appassionato di viaggi, e viaggiando spesso in auto, il mio compagno principale di viaggio è la musica. Odio profondamente quando la musica improvvisamente si interrompe per la mancanza di rete, ed ho pensato: “Non sarò mica l’unico che si trova a fare i conti con questo” allora mi sono prefissato di risolvere il problema creando un servizio a tema. Perchè parlo di servizio? Perchè la piattaforma “Only fans” fa solo da ponte verso l’album.

Qui gli ascoltatori possono acquistare l’album per poi essere reindirizzati verso l’ascolto dell’album con un link dove è possibile ascoltare e scaricare tutte o le singole tracce dell’album, un modo, questo, che attribuisce un valore di autenticità che è quasi scomparso negli ultimi anni.

Hai pubblicato diverse tracce, e qualche tempo fa un singolo interamente cantato che aveva lasciato intuire la sperimentazione che avrebbe contraddistinto il lavoro in studio. Esiste secondo te un genere, una definizione che possa davvero “descrivere” la tua musica?

Domanda molto difficile questa , che tutti i giorni mi pongo e sento porre, la risposta è no, non esiste un genere che possa descrivere la mia musica, ma credo che si possa distinguere con due colori ben precisi, che guarda caso sono proprio i colori che fanno parte del mio logo. Rosa e azzurro. Con “Rosa” possiamo catalogare tutto il mio lato sperimentale che  A volte strizza l’occhio alla musica dance elettronica e a volte crea dei percorsi onirici alternativi e sperimentali. “Nel azzurro” possiamo inserirci tutti quei brani dal sapore più acustico e minimale, dove all’interno coesiste anche una piccola parte autorale, destinata a rimanere il più possibile incontaminata dalla parte rosa, anche se in questo album a volte i due colori tendono ad attrarsi come due callamite.” La mia visione” musicale si trova al centro tra queste due dimensioni.

Come ti approcci alla composizione? Da dove parte il tuo lavoro di intelaiatura? 

Non c’è una formula univoca, solitamente il tutto parte da un taccuino, dove di solito appunto quello che veramente mi colpisce, dalle cose più piccole ad emozioni più forti che osservo, provo o che vedo provare, altre volte, scatto una foto o un video, di un luogo o un qualcosa che mi attrae, poi magari registro delle piccole melodie dal telefono, mi metto comodo nel mio “Homestudio” e da lì inizio a scrivere. Molte volte, ascolto delle reference, provo a giocarci un po’ sopra. Mi scrivo tutto, accordi struttura e via dicendo, dopo di che cancello completamente quanto scritto e inizio a progettare, oppure semplicemente mi canticchio qualcosa registro con il telefono e appena ho davanti la batteria o il pianoforte inizia “Il gioco”.

Ti sei scoperto, con queste ultime tracce, anche autore. Credi che sia simile, in qualche modo, il lavoro di composizione e di scrittura poetica? C’è chi dice che le parole altro non siano che “gusci sonori”, insomma, corpi musicali…

Assolutamente si, le parole cantano! Sono note che aspettano solo di essere “Flirtate” dalla musica. Se ci si pensa  possono avere una melodia, un’armonia un ritmo, possono essere di media o di lunga durata, possono essere pop, jazz, classiche. Una frase che brucia di energia può predisporsi di un crescendo, come un  rullo di tamburi e il fragore dei piatti che dicono ascolta: Questo è davvero importante!

E ora? Dal live cosa potremo aspettarci?

Non ho mai portato la mia musica live, o almeno non tramite un concerto.

Ci sto lavorando con l’idea di rappresentare quelle due dimensioni di cui parlavo prima.

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